giovedì 3 aprile 2008

Flair di aprile: I nottambuli cronici

La porta si apre e mi ritrovo in una stanza asettica piena di macchinari e dottori in camice bianco. È il Centro del Sonno dell’ospedale Molinette di Torino. Strano pensare che stanotte dormirò qui: è così diverso dal mio mondo onirico, popolato (anche se per pochissime ore!) di personaggi fantastici. Riconoscere gli altri pazienti è facile: volti segnati da occhiaie profonde e fronte perennemente corrugata. Hanno provato di tutto, sonniferi che stenderebbero un elefante, dosi massicce di melatonina ma senza risultato. Per chi non riesce a dormire le notti sono interminabili e le ore di veglia un incubo. Ma una vita da zombi si può cambiare… sottoponendosi a test mirati e cure appropriate.
Alla clinica dal Sonno i dottori mi preparano per la polisonnografia (un esame che valuterà la qualità del mio riposo, attraverso l’osservazione di alcuni valori come respiro e pulsazioni). Quando finiscono sembro una marziana: testa e corpo pieni di elettrodi con fili colorati che convergono in una scatola appesa al petto. Conciati così si va a letto. «Nessuno che mi rimbocchi le coperte» pensavo.E invece no: tutti i medici di turno passano a salutarmi. Chiacchierano e cercano di mettere i pazienti a proprio agio in modo che riescano (o almeno provino con serenità) a dormire come se fossero nel loro letto. Certo questi cavi addosso non sono l’ideale ma sono l’unico modo per avere un riscontro chiaro del problema. Il letto è magnifico: materasso in lattice a zone, con una parte centrale in gel per mantenere il corpo a una temperatura ideale, cuscino ergonomico e… niente tv. Già, perché guardare la tv prima di andare a dormire – scopro, con orrore, io che sono una teledipendente – tecnicamente “allontana il sonno”. I nostri ritmi circadiani prevedono che con la luce ci si debba svegliare e svolgere tutte le attività per sopravvivere, mentre con il buio che il corpo si riposi. E così siamo naturalmente programmati, perciò la luminosità dello schermo mette in moto il nostro istinto alla veglia. Mi corico supina tra le lenzuola pulite, alzo lo sguardo al soffitto ed eccola là: la telecamera che riprenderà le mie mosse. Una specie di Grande Fratello versione ospedaliera. «È pronta? – mi chiede il dottor Alessandro Cicolin, responsabile del Centro – Si rilassi e vedrà che dormirà come un angioletto». Magari! Per l’occasione mi metto d’impegno: chiudo gli occhi, disegno con la fantasia una bella palizzata e inizio a contare le pecorelle. Alla fine, dopo un bel po’ di giri nel letto, mi addormento.
THE DAY AFTER
Al mattino non mi sento molto riposata. Mi sono svegliata mille volte, insomma, come al solito. Mentre procedono a liberarmi dagli elettrodi arriva il risultato di questo primo test. «I suoi esami non sono molto positivi. – mi spiega il dottor Cicolin – Si è addormentata a fatica ed è entrata in fase di sonno profondo, sommando tutti i momenti, per un totale di un ora. Ha un leggero problema di bruxismo (cos’e?) anche se è ancora nella media. Mentre soffre di una patologia chiamata delle “gambe senza riposo”: le muove di scatto parecchie volte e questo coincide con i suoi risvegli». Tutto sommato però, pare io abbia dormito in modo “decente”. Come tutti gli esami, però, anche questo non è esaustivo, perché si limita all’analisi di una sola notte. Per indagare il ritmo del sonno su una scala a lungo termine, si utilizza l’aptigrafo, una sorta di orologio da polso da tenere per una settimana. Contemporaneamente si compila un diario con gli orari di veglia e di sonno. «Torni a casa – mi dice un’infermiera – ci rivediamo tra una settimana: può darsi che nel suo letto dorma di più e che il quadro complessivo migliori». Devo inoltre fare un esame del sangue per controllare il valore di ferro e vitamine: il fenomeno delle “gambe senza riposo” è legato come primo fattore a una carenza di questi elementi. A casa tutto è più familiare, ma prendere sonno rimane comunque difficile. Notti insonni e gran mal di testa di giorno: solita routine. Finalmente è venerdì e torno alla clinica, speranzosa. Uno pseudo orologio, un diario e un esame del sangue possono svelare l’arcano di una vita da nottambula?
Il grafico della mia settimana è sotto la lente d’ingrandimento del dottor Cicolin. Non mi sembrano buone notizie: un paziente intuisce la verità attraverso le espressioni del viso del suo medico. «Il quadro non è migliorato. Ha dormito insufficientemente cinque notti su sette. Bisogna riorganizzare il suo ritmo biologico: stress, abitudini sbagliate e un’alimentazione scorretta hanno creato una patologia. Deve andare a dormire e svegliarsi, per un mese, sempre alla stessa ora: l’organismo ha bisogno di regolarizzarsi, lo ha messo a dura prova con orari troppo irregolari». Il ferro e le vitamine del gruppo b sono sotto i valori di soglia perciò inizio una cura a base d’integratori. Lo sport è un toccasana per eliminare lo stress ma solo prima delle 18.00 sennò il corpo si attiva e scaccia il sonno.
Dopo trenta giorni mi sento un’altra. Rifaccio gli esami e le gambe senza riposo non ci sono più. Dormo sei ore a notte senza risvegli continui. Certe sere fatico ancora ad addormentarmi ma è normale ansia da animale sociale del ventunesimo secolo.
Chiara Canavero